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Questo spazio è dedicato a tutti coloro che vogliono CREARE UNA NUOVA CULTURA SUI DCA. Siete tutti importanti perchè unici, così come uniche sono le vostre storie e i vostri pensieri. Questo Blog resta quindi aperto a chiunque voglia proporre o condividere, perché Mi Nutro di Vita è di tutti ed è fatta TUTTI INSIEME.

venerdì 14 luglio 2017

Arriva "To the Bone": per chi si appresta a guardarlo

Sosteniamo i media nel diffondere una corretta informazione sui disturbi alimentari: più si parla di D.C.A. e più si riduce lo stigma che circonda queste malattie mentali, più cresce la consapevolezza e più le persone saranno in grado di chiedere l'aiuto di cui hanno bisogno. E' importante ricordare che To The Bone è una storia romanzesca e rielaborata, dove attori e modelle di Hollywood rappresentano i personaggi. Non rappresenta la realtà di chi soffre di disturbi alimentari, o delle possibilità di cura disponibili. Tuttavia, mostra chiaramente il terribile disagio psicologico che sperimentano le persone che soffrono di DCA e il forte impatto di questo sulla famiglia. I disturbi alimentari, come chiaramente rappresentato nel film, non hanno a che fare con una scelta, né con il mettersi a dieta o con la vanità. E' importante sottolineare però anche che questo film contiene con molta probabilità immagini angoscianti o provocanti per persone che hanno sofferto di disturbi alimentari. Fa spesso riferimento alle calorie, al peso, ai comportamenti disfunzionali dei disturbi alimentari, e la protagonista, Ellen, è presentata come una ragazza estremamente magra. Quindi, noi invitiamo chi ha sofferto di DCA a riflettere bene prima di guardare questo film. Non vorremmo che questo fosse causa di disagio, o causa scatenante, per nessuno.


Dovrei guardare "To the Bone"?
Se hai sofferto di disturbi alimentari, ti consigliamo di parlare con qualcuno all'interno della tua rete di supporto prima di guardare questo film e di programmare anticipatamente di essere sicuro di poter parlare con qualcuno del film dopo averlo visto, dei pensieri e delle sensazioni che ti ha suscitato. Potresti anche chiedere a qualcuno di fiducia e che conosce la tua storia personale, di guardarlo prima, in questo il modo il suo feedback potrebbe darti utili informazioni per capire se è opportuno o meno che tu guardi questo film.

Come famigliare, sarebbe per me utile guardare "To the Bone"?
To the Bone è un film, una storia rielaborata, e mentre potrebbero esserci molte persone che soffrono di disturbi alimentri che si identificheranno con questa, è importante ricordare che il film rappresenta solamente l'esperienza di una singola persona. Sottolineiamo anche che le dinamiche famigliari della storia di Ellen potrebbero risultare difficili da guardare. Può darsi che lo troverai utile per capire meglio che cosa il tuo caro sta attraversando e, finché il tuo caro ritiene che sia opportuno farlo, potrebbe essere anche utile guardarlo insieme. Suggeriamo che qualunque pensiero o emozione relativi al film vengano discussi durante o dopo la proiezione.



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Le domande più frequenti rivolte a Project HEAL (partner Netflix) sul film "To the Bone"


Alla luce dell'ampia discussione sui social media che si sta verificando, abbiamo voluto fornire alcune informazioni sui disturbi alimentari e spiegare perché abbiamo deciso di essere coinvolti in questo film. Continueremo a rimanere fedeli all'idea che questa opportunità di educare e creare consapevolezza genuina in merito a questa condizione incompresa, sia utile al benessere delle persone che soffrono di DCA e a coloro che potrebbero sviluppare questi disturbi.

Perché Project HEAL ha scelto di essere coinvolto in questo film?
To the Bone è il primo grande film sui disturbi alimentari e offre la possibilità di stimolare in un pubblico vasto la conversazione sul tema dei disturbi alimentari, le malattie mentali maggiormente stigmatizzate, incomprese e sottostimate. Abbiamo voluto essere parte di questa conversazione per educare il pubblico e guidarlo poi verso una maggiore consapevolezza e comprensione.
[…] To the Bone fa luce sulla gravità e sulla complessità dei disturbi alimentari, catturando l'impatto di queste malattie sconcertanti, sia sul paziente che sulla famiglia, mentre enfatizza l'idea che guarire è possibile.
L'intento di questo film è sempre stato quello di educare un pubblico più ampio e di raccontare la storia vera di una persona che ha lottato contro i disturbi alimentari. Nessuna storia è uguale e ci sono tante storie che bisogna condividere. Lo straordinario dibattito e la consapevolezza che To the Bone ha già generato, ci aiuteranno a farlo.

Questo film promuove l'errata concezione che i disturbi alimentari colpiscono solo le ragazze magre e non di colore?
Mentre il trailer si focalizza sulla storia di Ellen (una ragazza giovane, bianca e sottopeso, che soffre di Anoressia Nervosa), l'intero film mette invece in evidenza in modo chiaro la diversità delle persone che soffrono di disturbi alimentari; mostrando differenti diagnosi, taglie del corpo, generi e etnie.

Questo film può essere 'provocatorio' per chi soffre di disturbi alimentari?
Questo film potrebbe avere effetti potenzialmente negativi per chi sta soffrendo di disturbi alimentari. Ci raccomandiamo di valutare attentamente a che punto del tuo percorso di guarigione sei prima di guardare questo film. Ecco una nota della nostra cofondatrice, Kristina: "La guarigione dal disturbo alimentare è stata l'esperienza più impegnativa di tutto il mio percorso di vita e, agli inizi, mi sentivo provocata da alcune cose (come le amiche in cura, parlare di dieta tra coetanei, andare in palestra e vedere persone in sottopeso). Dovevo capire che stavo affrontando il mio percorso e che dovevo evitare queste provocazioni. Man mano che sono andata avanti nel percorso, sono stata in grado di 'starci' in quelle provocazioni e ora, affrontarle, rende ancora più forte il mio essere guarita e la mia consapevolezza di non voler tornare indietro. Spero che il pubblico possa tenere a mente questa prospettiva quando valuta attentamente se guardare o meno questo film."

La protagonista ha perso peso per questo film. Supportate questa decisione?
Non intendiamo in alcun modo sposare l'idea che le persone che soffrono di anoressia possono perdere peso in maniera sana. Questa è una decisione creativa delle parte che riguarda la regia, e le registrazioni sono state completate prima che Project HEAL venisse coinvolto nel film.
La ricerca prova che entrare in uno stato di equilibrio negativo e/o perdere peso può rendere le persone che hanno sofferto di anoressia più predisposte a ricadute. La perdita di peso è un aspetto che Project HEAL non sostiene. Tuttavia, siamo consapevoli che mentre l'attrice ha scelto di perdere peso per la parte, per ottenere l'immagine che voi vedete nello schermo, i realizzatori hanno utilizzato effetti visivi, speciali effetti di trucco, controfigure e particolari scelte di abbigliamento.

Come parlare a qualcuno che sta lottando contro un disturbo alimentare di questo film.
E' importante sapere come ascoltare e rispondere a chi pensa di essere in lotta con un DCA. Ascolta attivamente e non giudicarlo. Non fare commenti sul peso o sulla sua immagine corporea. Sii accogliente e gentile. Offrigli l'opportunità di rivolgersi a personale specializzato per cercare aiuto. Ricordagli che sei lì per aiutarlo e supportarlo.

Il tipo di cura che viene presentato nel film è tipico per i pazienti che soffrono di disturbi alimentari?
Questo film non è un manuale di 'come si fa' a curarsi. E' una storia ispirata all'esperienza di una donna (la regista Marti Noxon) con questa malattia. Alcuni aspetti della cura mostrati dallo psichiatra, impersonato da Keanu Reeves, e quelli mostrati nella struttura di cura, sono tipici, altri però non lo so. Per esempio, la necessità di un monitoraggio medico e di una misurazione regolare del peso è un aspetto tipico di molti protocolli di cura, ma il piano alimentare presentato nel film, in cui ai pazienti è permesso mangiare quello che vogliono, è insolito. Il film include chiaramente il messaggio che la salute è associata a comportamenti alimentari normale e al mantenimento di un peso salutare, ma fa uso di licenza artistica nella rappresentazione degli interventi che aiutano la protagonista a raggiungere la consapevolezza per il cambiamento. Project HEAL non sostiene un protocollo d'intervento piuttosto che un altro e non suggerirebbe mai ad una persona che soffre di disturbi alimentari di ricavare consigli per la cura da un film.

Abbiamo creato delle domande che possono aiutare a guidare la discussione sui disturbi alimentari a partire da questo film.
- Che cosa pensi sia inaccurato in questo film? Cosa pensi che manchi? Se non hai una conoscenza di base dei disturbi alimentari, che cosa ti ha sorpreso del film?
- Le dinamiche della famiglia di Ellen e la comprensione/incomprensione della sua malattia sono evidenti nel film. Perché pensi che questo sia un aspetto importante della trama nel film?
- Cosa faresti se pensassi che uno dei tuoi amici o un tuo famigliare soffre di disturbi alimentari? Se conosci qualcuno che soffre di disturbi alimentari, quale pensi sia il modo migliore per aiutarlo?
- Che cosa ti ha disturbato in questo film, e perché?
- Che cosa ti ha lasciato questo film?
- In generale, che cosa hai imparato da questo film?


1 commento:

  1. A me, invece, il film "To The Bone" non è piaciuto affatto. Ma ovvio che, quando si parla di una cosa del genere, le opinioni non possono che essere del tutto soggettive ed individualizzate. A mio parere, la sofferenza per come viene descritta nel film non è pari nemmeno ad un centesimo di quella reale e la pellicola non riesce a trasmettere nessun tipo di emozione forte a riguardo, nonostante i continui tentativi, specialmente nell’ultima mezz'ora, in cui la storia scade miseramente nel semplicismo, buonismo e lieto fine alla bell’e meglio. Ho profondamente apprezzato affermazioni quali: "Qui non si deve parlare di cibo: il cibo non c’entra nulla con l’anoressia" e "non si tratta di essere magri, quello che desiderate è far sparire quelle sensazioni che non volete", ma sono frasi buttate lì in un calderone con man mano che procede la narrazione fa diventare il film banale come temevo ma non speravo. E' una storia che ha anche qualche buono spunto, ma è sostanzialmente priva di spessore e di risposte. Sembra che questo film dia speranza ma non la dà: nessuno degli amici della protagonista viene mostrato uscirne veramente, sono tutti impantanati sino al midollo in un diverso disturbo alimentare, e sembra che approfondisca il dolore ma non lo fa, non sappiamo neanche cosa succeda nella mente di quei ragazzi, né chi siano. Ma soprattutto, quello che vediamo NON è dolore vero. Semplicemente perché il dolore dell'anoressia è un qualcosa di troppo profondo, personale ed individuale affinché possa essere superficializzato e generalizzato come il film cerca di fare. L'anoressia è il bisogno di controllo in ogni singolo ambito della propria vita, e la quotidiana coazione a ripetere nell'impasse che blocca, è la scelta di non scegliere, è l'isolamento, sono tutti i trip mentali che non finiscono e sfiniscono, è il tunnel senza luce, senza fine, senza aria, una prigione che non ha sbarre nè mura eppure intrappola comunque la mente. E' l'ossessione per il controllo, è il vuoto. Questa è l’anoressia, che cavolo, non un "asperger per le calorie", né una cena al lume di candela, inventandosi di essere malati terminali di cancro (quella era di cattivo gusto!) sputando nel fazzoletto. La vita sociale, i balli, la musica, i rapporti, i sentimenti… Non voglio sembrare cinica o estrema, ma non esistono davvero, quando sei nel pieno dell'anoressia. E se esistono sono rovinati, silenziati, difficili, affranti. Non posso vedere una compagnia di persone in recovery più intente a ballare e bere che non a guardarsi dentro, mi dispiace. Non posso vedere la mia malattia ridotta a queste due ore di squallore. Lasciamo anche stare i loghi comuni tirati dentro... ma la scena super-patetica di madre e figlia col biberon? E che roba è?...(Tentativo di farlo somigliare ad un film di Malick?!...). Non c’è nulla di relatable né realistico nella guarigione così rapida da un dolore così radicato e lungo, nulla di credibile nel non avere una ragione per cui si soffre e nulla di nuovo o eclatante nelle scelte delle storie di contorno, che sono prive di backstory, superficiali.
    Senza backstory, senza basi, come facciamo ad entrare nella vita di un personaggio, a sentire con lui/lei, a soffrire con lui/lei? “To The Bone” è come un viaggio in aereo rispetto ad un viaggio on the road: tutto ha un’inizio e una fine, di tutto vediamo la partenza e la meta, ma non conosciamo nulla del percorso. Ed è il percorso a raccontare il dolore, la gioia, la fatica, la morte, la speranza di chi lotta contro un DCA. (Ovviamente questo è solo il mio mero punto di vista, la mia opinione - dunque opinabile per antonomasia.)

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